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Tra terra e cielo

Un dispositivo per attraversare, scende e salire, muoversi dentro e sul perimetro di un vuoto nella trama urbana di Camogli.

Visitando il luogo per la prima volta si rimane colpiti dal vuoto, dalla mancanza, dall’assenza che rende ancor più interessante il perimetro che definisce questo spazio. Il progetto si ripromette allora di riempire il meno possibile, di preservare il vuoto come vero valore spaziale di questo luogo.

Nel dare forma e nel disporre i pochi metri quadrati chiesti dal programma, diviene un dispositivo per attraversare, scendere e salire, muoversi dentro e sul perimetro di questo vuoto nella trama urbana di Camogli che svela, alla radice, l’orografia del territorio e ne mette in evidenza la relazione con il tessuto costruito nel tempo. Un buco che sembra trattenere un’energia che viene da sotto, dalla terra e dal declivio fatto di balze e terrazze sovrapposte di una città che sale, energia chiusa all’interno del perimetro delle quinte circostanti e delle loro linee di gronda che in alto definiscono il limite tra terra e cielo. L’eccezionalità di questo luogo risiede innanzitutto nella sua dimensione e forma, in un contesto urbano fatto di strette linee parallele al mare, racchiuse tra alte case come via Schiaffino, di vertiginosi passaggi di quota trasversali o al contrario di spazi distesi come la passeggiata a mare, i quali si confrontano solo con l’infinito dell’orizzonte.
Il luogo del progetto sorprende per la sua forma, per essere scatola e non percorso, centro e non flusso, scavato e non tagliato nel tessuto, luogo dello stare piuttosto che del percorrere. Difficilmente lungo le vie del tessuto di Camogli ci si può perdere avendo poche possibilità di scelta tra destra e sinistra, tra salire o scendere; qui invece tutto cambia e diviene meno chiaro e, come entrando in una grande stanza, si aprono di fronte al visitatore molte porte, una per lato… Un ulteriore elemento che che è stato approfondito riguarda la trama dipinta degli edifici che avvolgono come quinte disegnate di un teatro, creando una scenografia urbana ricca e preziosa, leggera nei colori, nelle linee e nelle geometrie ma pur sempre presente e in grado di definire il carattere indelebile di uno spazio avvolgente. E’ come se la scena da rappresentare in questo spazio fosse definita non a priori, quanto piuttosto a partire da questa scenografia già presente e che ora, a seguito della demolizione dell’edificio esistente fino a pochi anni fa, si svela con tutta la sua potenza pittorica e volumetrica. Si è quindi immaginato che il progetto dovesse essere in grado di accogliere dentro di sé anche questa caratteristica e trasformarla in un elemento di ricerca e innovazione ma al tempo stesso di continuità.
Il prospetto si ispira alle facciate dipinte e ne riprende con libertà la trama e le linee trasformandole in un elemento di disegno della facciata. Si è creato un dispositivo da applicare alle parti vetrate così come a quelle murarie, nuove o esistenti, che potesse definire senza distinzione volumi e piani verticali e che potesse essere contemporaneamente rivestimento, parapetto e barriera di protezione. Si tratta di un elemento che nel contempo protegge e svela ciò che sta dietro, in secondo piano, nascosto. Una nuova pelle estrusa che funziona da brise soleil e gioca con la luce, che ripara e protegge.

Tra terra e cielo